OSSERVATORIO PERMANENTE (SHORT - SEA SHIPPING) |
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1. Definizione di cabotaggio e motivi per un suo sviluppo
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1. Definizione di cabotaggio e motivi per un suo sviluppo Nella sua comunicazione n° 317 del 1999 la Commissione Europea ha proposto la seguente definizione di trasporto marittimo a corto raggio: “Per trasporto marittimo a corto raggio si intende il movimento di merci e passeggeri via mare tra porti situati nell'Europa geografica o tra questi porti e porti situati in paesi non europei con una linea costiera sui mari chiusi alle frontiere dell'Europa”. Il trasporto marittimo a corto raggio comprende il trasporto marittimo nazionale ed internazionale, inclusi i servizi di feederaggio (ovvero dell'adduzione), lungo la costa e da e per le isole, i fiumi ed i laghi. Il concetto di questa modalità di trasporto include anche il trasporto marittimo tra gli Stati membri dell'Unione Europea e la Norvegia e l'Islanda, nonché altri Paesi che si affacciano sul Mar Baltico, sul Mar Nero e sul Mar Mediterraneo. Il trasporto marittimo a corto raggio, o cabotaggio, è da tempo tra gli interessi principali dell'Unione Europea, e oggi è diventato un tema di scottante attualità anche nelle diverse realtà nazionali, tanto da essere entrato anche a far parte delle priorità sin dall'inizio dei lavori preparatori del nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica dell'Italia. La Commissione Europea ha presentato una prima comunicazione sul tema nel 1995, cui fece seguito nel 1997 una relazione di avanzamento. L'ultima comunicazione in tema di trasporto marittimo a corto raggio risale al 1999. In questo documento, per certi versi conclusivo, ma che lascia spazio ad interventi successivi, la Commissione esamina il potenziale del cabotaggio nel quadro di una mobilità sostenibile e sicura, la sua integrazione nelle catene di trasporto logistiche europee, la sua immagine e gli ostacoli che si frappongono al suo sviluppo e raccomanda delle azioni da intraprendere su scala europea. L'Unione Europea dà, come si sarà certamente notato, una definizione molto ampia di trasporto marittimo a corto raggio. In questo studio però ci si occupa prevalentemente di cabotaggio di porti italiani (Tirrenici in particolare) che si affacciano sul bacino del Mar Mediterraneo, e delle loro relazioni commerciali con le principali aree geografiche Mediterranee (almeno per questa fase iniziale del progetto). Le ragioni principali per cui si dovrebbe promuovere il trasporto marittimo a corto raggio all'interno del bacino italiano del Mar Mediterraneo si possono a mio avviso così individuare: 1) promuovere la sostenibilità generale dei trasporti: il cabotaggio dovrebbe costituire un'alternativa valida (e sotto certi aspetti più ecologica) del trasporto stradale, ormai saturo; 2) rafforzare la coesione delle aree, economiche prima e geografiche poi, interessate da questa modalità di trasporto, facilitando le connessioni tra le diverse regioni e rilanciando le zone periferiche; 3) aumentare l'efficienza dei trasporti in generale, per soddisfare la domanda attuale e futura legata alla crescita economica. A tal fine il trasporto marittimo a corto raggio dovrebbe diventare parte integrante della catena logistica, nonché un effettivo servizio door-to-door. Malgrado la scarsità di statistiche sufficientemente affidabili, aggiornate e particolareggiate su scala nazionale per il cabotaggio, i dati disponibili indicano che, nell'ultimo decennio, questa modalità di trasporto è sistematicamente cresciuta, come cresciuto è anche il volume del traffico containerizzato e non nei principali porti italiani. Però non si può tralasciare che, nello stesso periodo, anche il traffico di merci su strada è aumentato, anche in misura superiore. Anche se la crescita del cabotaggio è parzialmente imputabile all'incremento del traffico di feederaggio su brevi distanze, si può tranquillamente affermare che quello del trasporto via mare è un settore in crescita, e in effetti i maggiori porti italiani si stanno attrezzando per creare infrastrutture sempre più nuove e efficienti a sostegno di questa modalità di trasporto. In particolare, se facciamo un confronto tra i servizi portuali dei principali scali italiani di oggi e quelli di due o tre anni fa, notiamo senz'ombra di dubbio un deciso miglioramento della situazione: più rotte servite, maggiori frequenze sulle singole rotte, più navi tuttomerci, più relazioni in servizio tutto l'anno. È il segno che, almeno per quanto concerne il nostro Paese, qualcosa si sta muovendo, soprattutto dopo la liberalizzazione del cabotaggio con le isole. Anzi, certe volte il mercato si muove in maniera frettolosa, con operatori esperti che vanno incontro a rapidi fallimenti, come nel caso delle cinque navi entrate in servizio sul Tirreno per opera di vari attori quest'anno e già ferme o sotto sequestro. Tuttavia, anche se qualche iniziativa è partita, è ancora troppo poco perché decollino le autostrade del mare e si possa sperare di avere in pochi anni una rete integrata di cabotaggio dedicata al traffico merci non solo nazionale, ma anche internazionale, che comprenda i principali paesi del Mediterraneo. Gli investimenti necessari a mettere in servizio navi ad alta frequenza (requisito indispensabile per garantire il successo di una linea dedicata alle merci) sono elevati, perché alta frequenza significa elevato numero di unità o elevata velocità di esercizio. A livello europeo, la velocità di crociera delle navi tuttomerci, perché siano economicamente sostenibili, non supera i 22 nodi. Il costo del carburante, che cresce in maniera esponenziale all'aumento della velocità della nave, rapportato al prezzo a metro lineare del nolo, non consente, se non in casi eccezionali, di utilizzare i fast ferries. Per garantire una frequenza di servizio giornaliera su rotte che richiedono 10/12 ore di navigazione, tre navi sono appena sufficienti. In realtà la frequenza richiesta dal mercato è plurigiornaliera. Il trasporto marittimo a corto raggio, inoltre, può essere considerato un modo di trasporto particolarmente favorevole per l'ambiente, soprattutto a causa dei costi esterni comparativamente bassi e della grande efficienza energetica, nonché delle emissioni inferiori di CO2 e di ossidi di azoto per tonn./km. Il cabotaggio è anche una modalità di trasporto più sicura. Statisticamente, infatti, il numero e la gravità degli incidenti che interessano il trasporto marittimo sono di molto inferiori a quelli del trasporto merci su strada. Per essere appetibile ed efficiente, però, il trasporto marittimo a corto raggio deve essere pienamente integrato nella catena logistica e nei servizi door-to-door. Un'integrazione di questo tipo è però possibile soltanto a condizione di migliorare i singoli modi per soddisfare le esigenze dell'utenza. Pertanto il cabotaggio è da integrarsi in un'impostazione intermodale generale, creando reti per attirare volumi di carico e cercando attivamente la cooperazione con altri modi e soggetti nella catena logistica. A parte l'istituzione di condizioni quadro, spetta all'industria stessa operare in questa direzione. La notevole differenza tra le distanze medie di una tonnellata trasportata mediante navigazione a corto raggio (1385 km) e su strada (100 km) porta a concludere che i mercati per questi due modi sono in parte separati. Circa il 90% delle merci sono trasportate su brevi distanze e in genere all'interno dei confini nazionali (anche su scala europea). Nonostante ciò il trasporto marittimo a corto raggio è comunque competitivo su un considerevole segmento di mercato; segmento che potrebbe aumentare notevolmente se, grazie a soluzioni logistiche, si riuscisse ad attrarre l'utenza a ricorrere al trasporto marittimo a corto raggio anche per distanze più brevi. Al di là di quelle che sono mere ipotesi e dichiarazioni d'intenti, vanno valutati tecnicamente i potenziali del trasporto marittimo a corto raggio, in comparazione con le altre modalità “rivali” di trasporto, in particolare quella stradale. Oltre agli ostacoli tecnici esistenti, che a livello regionale, nazionale e comunitario si stanno cercando di superare, mediante azioni e programmi congiunti in un'ottica sempre meno locale e maggiormente europea (reti transeuropee e programmi per accrescere l'efficienza dei porti), sono da abbattere anche le barriere psicologiche all'utilizzo del cabotaggio, che dalla stragrande maggioranza degli operatori del settore trasporti è identificato e percepito come una modalità di trasporto antiquata, lenta e complessa. Bisogna cambiare questa immagine e presentare il cabotaggio come un elemento moderno e dinamico nella catena logistica door-to-door. Il trasporto via mare deve essere associato ad immagini di affidabilità, rapidità, frequenza, flessibilità, regolarità e sicurezza del carico al massimo livello. Da ultimo, parlando di cabotaggio non si può non parlare di porti. I tempi di sosta, le limitazioni di infrastruttura, le tariffe non trasparenti, i livelli di servizio non sempre efficienti e gli equipaggiamenti non sufficientemente ben dotati degli scali portuali costituiscono un problema da risolvere per il trasporto marittimo a corto raggio. I porti dovrebbero promuovere il cabotaggio nell'ambito delle loro strategie di commercio globali, magari prevedendo, come alcuni porti italiani stanno già facendo, dei terminal adibiti solamente al trasporto marittimo a corto raggio, sui quali vengano anche forniti dei servizi specializzati per questa modalità. La scelta del cabotaggio per un porto implica, pertanto, considerare una nuova organizzazione dei terminal ed implementare nuove tecnologie per i mezzi navali. La riduzione dei tempi del ciclo-nave, se non può essere ottenuta entro certi limiti mediante l'aumento della velocità commerciale, può essere ottenuta nelle operazioni di imbarco/sbarco, qualora si utilizzino navi con livelli di carico/scarico distinti e rampe laterali sulle quali i mezzi possano muoversi secondo flussi indipendenti dal flusso che interessa il portellone centrale. Sbarco e imbarco potrebbero così realizzarsi in contemporanea, riducendo non solo i tempi di sosta, ma anche il tempo d'impiego delle ralle e del personale delle imprese portuali. Navi di questo tipo cominciano a diffondersi sulle rotte del Nord Europa; il Centro Europeo di tecnologie nautiche, il Cetena, le ha studiate ed ha elaborato in proposito progetti innovativi, capaci tra l'altro di ospitare convogli ferroviari di 1.200 metri. Dal punto di vista tecnologico l'Italia dispone del grande patrimonio di conoscenze e di esperienza della Fincantieri, che ha costruito e sta costruendo per compagnie marittime di mezzo mondo unità Ro/Ro tuttomerci dotate di tutte le caratteristiche più avanzate. Per accogliere navi di questo tipo anche i terminal debbono attrezzarsi in maniera adeguata, per garantire un doppio livello di scorrimento del flusso. Per attrezzare i porti al cabotaggio, il governo italiano ha messo a disposizione risorse aggiuntive a quelle della legge di finanziamento delle infrastrutture portuali: circa 430 miliardi destinati a realizzare terminal in grado di garantire sbarco/imbarco, sosta, sorveglianza, prenotazione, sistemazione pre-imbarco, gestione personalizzata, servizi telematici, pagamento pedaggi online e tutto quello che la moderna tecnologia può offrire. I porti dovrebbero, inoltre, diventare dei punti intermodali di interconnessione, come suggerisce anche la stessa Commissione Europea parlando di reti transeuropee di trasporto. In proposito, si potrebbero anche sfruttare le potenzialità offerte dalla nuova Information Technology, nonché dall'e-business, per aumentare l'efficienza degli affari portuali e delle attività commerciali e logistiche, che rivestiranno un ruolo sempre più predominante nel nuovo scenario economico. |
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